Un libro per l’estate. La stranezza che ho nella testa: in viaggio con Orhan Pamuk a Istanbul, tra amore e inganni – WWWITALIA

2022-09-17 12:16:09 By : Ms. Rose Xiao

Quotidiano di Cultura – Politica – Tempo Libero

Il sottotitolo del nuovo e atteso romanzo di Pamuk (Einaudi, 2015) sintetizza la trama come in un manifesto pubblicitario: “La vita, le avventure, i sogni, gli amici e i nemici di Mevlut Karataş, venditore di boza, nonché una panoramica della vita di Istanbul tra il 1969 e il 2012, raccontata dal punto di vista dei suoi cittadini”. Il lettore viene quindi introdotto a una sorta di romanzo di formazione, costruito intorno a un venditore ambulante e a una Istanbul, invasa e profondamente trasformata.

L’albero genealogico della famiglia del protagonista apre il libro e un indice dei nomi e una cronologia lo chiudono. Il romanzo è scritto quasi sempre in terza persona e l’autore mantiene la cifra di un romanzo classico, permettendo al lettore di stabilire legami emotivi con i personaggi. D’altra parte la narrazione intessuta di fatti, di eventi raccontati con attenzione dettagliata, richiama talvolta il realismo sociale, talvolta un’epica; ma il libro è anche una cantata per molte voci; i personaggi vicini a Mevlut raccontano la loro porzione della sua storia in prima persona, contribuendo a una rappresentazione corale delle trasformazioni di Istanbul.

Mevlut nasce nel 1957 in Anatolia, in un villaggio molto povero, distante circa settecento chilometri da Istanbul. Viene a dodici anni nella “capitale del mondo” per continuare gli studi e aiutare il padre a vendere yogurt e boza per le strade della città. Di bell’aspetto, di corporatura robusta ma elegante, viso pulito, innocente, sguardo attento e intelligente, modi gentili, Mevlut piace a tutti, in particolare alle donne. Nulla riesce a scalfire il suo ottimismo, tanto che viene spesso scambiato per un ingenuo.

Il capitolo introduttivo tratteggia la trama del romanzo partendo dai decisivi anni Ottanta: deludendo le aspettative di una Turchia più benestante e più democratica, i militari erano intervenuti per la terza volta con un colpo di stato per facilitare l’implementazione di politiche liberiste. Nel 1982 anche il destino di Mevlut era cambiato: appena compiuti venticinque anni, aveva rapito, con l’aiuto del cugino Süleyman, la consenziente ragazza dei suoi sogni. Si erano visti e scambiati un fugace sguardo tre anni prima, durante il matrimonio del cugino Korkut. Lei era una delle due sorelle della sposa. Innamorato perdutamente di quegli occhi meravigliosi, Mevlut per tre anni aveva scritto lettere piene d’amore a Rayiha, il nome appreso da Süleyman, fratello di Korkut. La felicità di trovarsi finalmente accanto all’amata si trasforma però in delusione non appena Mevlut vede il viso della ragazza con cui è fuggito, scoprendo così di essere stato ingannato: Rayiha era la sorella maggiore di colei che gli aveva ispirato le lettere.

Malgrado l’inganno e la delusione subiti, Mevlut rimane in silenzio e accetta di buon grado il proprio destino. Porta Rayiha a Istanbul e la sposa. Non tace però per rassegnazione; Mevlut, come l’eroe di una romanza mistica, aveva riconosciuto nella passione non ripagata la possibilità di approfondire la conoscenza del disegno divino. Accoglie Rayiha con la gratitudine con cui si riceve un dono inatteso, fiducioso di trovare in lei la risposta ai suoi più profondi bisogni. Porta la giovane moglie in un appartamentino di un vecchio quartiere dove, prima delle aggressioni e razzie del 1955 e degli espatri forzati del 1964, vivevano famiglie armene e greche. La coppia ha due figlie e insieme trascorre una vita felice, intessuta di un amore tenero, piena di solidarietà e di comprensione.

Con lo stesso spirito Mevlut accoglierà il liberismo e il suo bagaglio di precarizzazione delle vite umane come dello spazio urbano, lasciati in balia dei capricci del mercato, senza più protezioni e regolamentazioni. La prima caotica crescita di Istanbul fu provocata dalle esponenziali migrazioni degli anni tra il 1950 e 1980. Mevlut segue questi primi cambiamenti dal gecekondu, ovvero la casa abusiva che il padre, come facevano in quegli anni tutti coloro che si trasferivano in città, aveva costruito sul terreno demaniale fuori dai confini urbani. Diversamente però dalla maggioranza dei gecekondu che, seguendo i bisogni dei loro abitanti, si ingrandivano, il loro rimase con una sola, primitiva stanza, un frammento nel mare di quartieri che continuavano a nascere e crescere, conquistando illegalmente tutte le colline circostanti che riempivano con i colori e le forme di vita portati dall’Anatolia rurale. Arrivati in città con un bagaglio fatto di determinazione, capacità di adattamento, e sogni di benessere, questi ex-contadini furono raggiunti negli anni Novanta dai curdi, dagli alaviti, che fuggivano alle aggressioni etnico-religiose, da rapaci uomini di affari e da bande di criminali che fiutavano nuove opportunità.

Il numero degli abitanti di Istanbul, che giorno dopo giorno si faceva più estranea, ostile e violenta, arrivò dal milione e 533 mila del 1955 ai più di quattordici milioni del 2012, il 18,5 per cento della popolazione nazionale, proveniente da ben ottantadue diversi capoluoghi. L’esponenziale aumento della popolazione rese lo spazio l’elemento più prezioso e l’edilizia l’attività più redditizia. Un vasto condono permise a chi aveva costruito gecekondu, occupando illegalmente lotti demaniali, di ottenerne la proprietà, e di cederla poi ai costruttori edili in cambio di un certo numero di appartamenti negli alti condomini in cemento armato che avrebbero fabbricato. Molti poveri di una volta furono così trasformati in esponenti di una nuova classe media urbana, ammassata però in condomini di bassa qualità concentrati in periferie anonime con scarse infrastrutture.

Pamuk, oltre a farci scoprire e vivere la vita del protagonista, ci porta all’interno delle case, nelle vie e nei locali di una città, Istanbul, che cambia, che si trasforma, fino a diventare quella che è oggi. Le tradizioni, i colpi di stato, i furbetti, la famiglia, i matrimoni combinati, l’istruzione e la religione, influenzeranno la vita di un uomo che, pur dovendo affrontare molte difficoltà, non perderà mai l’ottimismo. La grandezza del romanzo sta nella sua semplice complessità, nella miscela di storie e personaggi con il racconto in prima persona degli stessi, quasi una cronaca, nell’ alternare pubblico e privato, in una commistione perfetta, nel conservare e centellinare il pensiero del singolo individuo con il proprio umano esprimersi e relazionarsi, e nella narrazione quotidiana e storica di un paese e di più’ generazioni che lo hanno attraversato. Il tutto è sapientemente dosato, miscelato, in una alternanza perfetta, e ci introduce in un mondo ricco di poesia e di cruda quotidianità, sognante ed empirico, con un linguaggio ora lirico, ora colloquiale, descrittivo ed intimista, ma sempre con tono critico e profondamente lucido.

Mevlut, alla fine del romanzo e del suo viaggio, capisce la verità: girovagare per le strade della città di notte faceva nascere in lui la sensazione di aggirarsi nei meandri della propria mente. Perciò parlare con i muri, i manifesti, le ombre e gli strani e misteriosi oggetti di cui, al buio, non riusciva a discernere i contorni era per lui come parlare con se stesso. Ma sa anche che “c’è una sola cosa che tiene in piedi un uomo tra questa massa di gente, ed è l’amore”.

Ne esce un affresco unico di un mondo complesso ma, alla fine del romanzo, ci sentiamo decisamente più ricchi, internamente, e maggiormente consapevoli di vicende storiche di difficile definizione e descrizione, con la certezza di esserci avventurati in un viaggio unico che attraversa in profondità tutti gli elementi umani, psicologici, letterari, politici e storico-sociali, cosa che solo i grandi scrittori riescono a cogliere, decodificare, soggettivare, trasformare in narrazione, arricchire di particolari e di fantasie letterarie e trasferire su carta per il piacere e la curiosità di noi lettori, coinvolgendoci nella propria ricchezza sapiente ed accompagnandoci per mano nella complessità della vita e della storia.