I 4 principali problemi del calcestruzzo: Ritiro idraulico, Calore d’idratazione, Fessurazione e Permeabilità

2022-08-27 04:20:03 By : Ms. Kat Ding

Gran parte dei problemi che si riscontrano nelle opere in calcestruzzo oggi accadono in quelle contro terra. Ho la sensazione che si tenda troppo spesso a sottovalutare il problema e prescrivere calcestruzzi solo sulla base della resistenza caratteristica e classe di esposizione.  Quali sono le considerazioni tecniche che un progettista dovrebbe compiere quando deve affrontare queste situazioni?

Caro Andrea, oggi tutti i problemi che “investono” il calcestruzzo sono legati al fatto che spessissimo viene semplicemente considerata la sola resistenza caratteristica a compressione. I problemi sono, invece, legati principalmente a quattro cause: ritiro idraulico, calore d’idratazione, conseguente fessurazione e permeabilità.

Due dei miei professori universitari (i mitici proff. Turrini e Romaro) ripetevano più volte che non bisogna sapere risolvere tutti i problemi, però bisogna sapere che esistono.  Per risolverli poi si doveva ricercare e studiare la soluzione sui libri (allora non c’era ancora internet…).

La prima considerazione quindi che ciascun progettista dovrebbe fare quando inizia a progettare qualsiasi cosa dovrebbe essere la seguente: conosco tutti problemi legati all’opera che vado a realizzare? Conosco materiali e metodologie per ottenere un risultato ottimale? Un piccolo atto di “umiltà” che se applicato fa crescere ed evitare qualsiasi problema.

Tornando alla domanda, le considerazioni tecniche di cui si deve tener conto sono di tre tipologie:dimensionali: non solo spessore ma anche lunghezza ed altezza;tecniche di armo possibili;materie prime ed impianti disponibili per la produzione del calcestruzzo.

Non è pensabile di progettare un muro di sostegno di due metri di spessore se poi non abbiamo la possibilità di produrre (a costi sostenibili e/o certi) un calcestruzzo con basso calore d’idratazione.

Parlando con voi tecnici mi accorgo che non di rado accada che i problemi nascano dal fatto che non si sono considerati gli effetti che le infiltrazioni di acqua possano portare al calcestruzzo, e che quindi non si sia previsto calcestruzzi o soluzioni ad hoc. Di recente mi hanno parlato di casi in cui, le carote su una struttura esistente, davano  risultati più bassi proprio dove vi era un materiale più umido. Cosa ne pensi?

Quando un tecnico mi chiede un calcestruzzo “impermeabile” significa che non conosce le problematiche del calcestruzzo, e quindi mi risulta più semplice suggerirgli due strade: affidarsi ad un tecnico specializzato oppure prevedere la posa di una opportuna guaina impermeabilizzante. Dal mio punto di vista non esistono calcestruzzi impermeabili, esistono solamente strutture a bassa permeabilità

Un problema analogo riguarda i getti in cui vi sono contatti con terreni contenente solfati o clururi. Cosa si dovrebbe prevedere a livello progettuale? Si dovrebbero fare prove sui terreni? Il capitolato dovrebbe indicare anche quali cementi utilizzare e quali altri componenti?

Ad oggi sarebbe veramente bello avere l’analisi dei terreni o delle acque…  Uno degli esempi più classici è quello relativo alla richiesta di un calcestruzzo in classe di esposizione XA(1,2,3): la domanda che ritengo d’obbligo fare al potenziale utilizzatore è quella relativa alla presenza di solfati per utilizzare o meno un cemento con caratteristiche conformi alla UNI 9656.

Nel 99,9% dei casi (e questo anche in ambito di progetti importanti), la risposta è molto vaga e nel dubbio viene chiesto di utilizzare cementi resistenti ai solfati con conseguente aumento dei costi.

In ambito progettuale si dovrebbe sempre scendere nel dettaglio, salvo che il dettaglio sia coerente con la tecnica e la tecnologia disponibili in quel contesto.

Fattore, a mio avviso molto importante, quando si scende, giustamente, nel dettaglio della prescrizione è quella di essere in grado di verificare che ciò che è stato prescritto venga utilizzato e/o applicato

Sempre affrontando il tema delle infiltrazioni di acqua occorre considerare anche altri due aspetti: come gestire i giunti di costruzione e come prevenire le infiltrazioni attraverso le fessure che spesso poi si formano in corso di maturazione o di esercizio. Quali sono le istruzioni per l’uso? 

Riprendendo la risposta alla prima domanda, le istruzioni per l’uso sono informarsi o affidarsi a tecnici specializzati. Molto spesso si sente dire che i giunti di costruzione debbono essere fatti ogni tot metri (6m< tot < 10m) a prescindere dalle dimensioni del muro, dalla percentuale di armatura, dai tempi di maturazione, dal tipo di calcestruzzo e dal tipo di cemento utilizzato, dalle temperature in fase di getto, …

Le fessure che si formano in corso di maturazione o di esercizio sono dovute a un’errata progettazione e/o messa in opera/maturazione. La scarsa attenzione a ciascuna di queste fasi è motivo di ricerca e di guadagno di tutte le aziende produttrici di additivi e/o aggiunte che forniscono una protezione “chimica” in caso di “limitata fessurazione”.

Uno dei casi applicativi dei getti contro terra è quello delle cosiddette "vasche bianche», una soluzione ingegneristicamente molto valida ma anche critica. Oltre a quanto detto nei precedenti punti cosa si dovrebbe prevedere e quali considerazioni è giusto fare?

Negli ultimi due anni ho avuto modo di partecipare ad un importante progetto pubblico sviluppato con la tecnica della “vasca bianca” ed i risultati sono stati veramente ottimi. Alla base del risultato c’erano progettazione, prequalifica dei materiali e serrati controlli in cantiere. L’esperienza insegna che le cose diventano critiche quando si improvvisa oppure si vuole applicare una tecnica al limite delle possibilità.

E cosa suggerisci di prevedere quando il getto del calcestruzzo avviene contro pali, parancole, ... dove ovviamente non ci sono casseforme ? ti sono mai capitate situazioni che hanno poi presentato particolari problemi, e se si quali ?

In questo caso le casseforme ci sono, ma solo da un lato e oltre all’aspetto tecnologico del calcestruzzo (uguale a quello dei muri “normali”) c’è quello molto difficile della fase di armo dovute ad un cassero antimetrico e quello delicatissimo della fase di getto dove bisogna trovare un giusto equilibrio tra fluidità del calcestruzzo, fase di vibrazione e velocita di risalita.

Nel caso dei getti massivi sarebbe buona cosa l’utilizzo di cementi “lenti” in fase di presa ed indurimento o addirittura l’utilizzo di ritardanti. Questi due accorgimenti, invece, sono poco compatibili con la realizzazione di “muri a spinta”.

Ho comunque imparato che anche in questo caso, quando si coinvolge nella progettazione la ditta produttrice dei casseri, le criticità diminuiscono e di conseguenza le probabilità di successo aumentano di molto.

Infine parliamo di pavimenti industriali controterra, un argomento di grande criticità. Cosa aggiungiamo di informazioni tecniche per questo tipo di realizzazione? è sufficiente mettere un telo contro terra? e se sì questo poi porta ad ulteriori problemi? insomma cosa si dovrebbe fare.

Voglio volutamente essere ancora più pragmatico del solito: non ho mai fatto e mai parteciperò alla realizzazione di un pavimento che appoggi direttamente sul terreno. Dobbiamo essere bravi, e non fortunati. Essere bravi non significa sempre dire sì…

Caro Andrea, le tue sette domande darebbero la possibilità di riassumere sia un trattato di tecnologia del calcestruzzo sia uno di tecnica delle costruzioni in calcestruzzo armato.

Convieni con me che anche nel settore delle costruzioni non vale più la figura del “tuttologo”? Vero che il coinvolgimento di più figure può fare aumentare i costi di progettazione, ma sono costi preventivabili e certi. I costi di cui non si sa l’entità sono quelli della gestione di una contestazione.

Ti ringrazio dell’ennesima opportunità che dai per diffondere ai molti l’esperienza del singolo.

Ci si vede in cantiere,

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