Federbeton, aumento di energia e CO2: «Cemento, costi quintuplicati dal 2020, rischio delocalizzazione»- Corriere.it

2022-09-17 12:19:08 By : Ms. prosbon Nicole

Un aumento di quasi il 600 per cento, il 581% per l’esattezza: il che significa pagare sei volte tanto. Al posto di 100, se ne pagano 581 euro. L’impennata dei costi di produzione riguarda il settore del cemento, che lancia l’allarme. Elettricità, combustibili, quote di emissione sono i responsabili spiega Federbeton, Federazione di settore delle associazioni della filiera del cemento, del calcestruzzo, dei materiali di base, dei manufatti, componenti e strutture per le costruzioni. «Il recente rincaro dei costi dell’energia ha un impatto diretto sulla competitività dell’industria italiana del cemento che impiega in Italia circa 32 mila addetti e che rappresenta l’architrave del mondo delle costruzioni, centrale per il rilancio e la ripartenza del Paese. L’Italia e l’Europa stanno attraversando una crisi energetica che non ha precedenti nella storia recente».

Federbeton dettaglia i rincari. Il prezzo del gas metano è quintuplicato rispetto allo scorso anno mentre il costo dell’energia elettrica ha registrato il suo massimo storico. A completare il mix energetico che caratterizza la produzione c’è l’andamento del prezzo del petcoke , il combustibile utilizzato nel settore, salito del 326% rispetto a inizio 2020. Preoccupante è anche la crescita del valore dei diritti di emissione di CO2, che a settembre 2021 si attesta sui 60 euro medi (rispetto ai 25 euro registrati in media nel 2020). I diritti di emissione sono fondamentali per le aziende che li devono acquistare sul mercato per oltre il 20% del fabbisogno, a causa del rimbalzo produttivo che sta caratterizzando il periodo post Covid.

Costi su del 50% da inizio anno

Secondo l’associazione, il mix energetico e il costo dei diritti di emissione hanno determinato ad agosto 2021 un incremento complessivo del 581% dei costi energetici e ambientali rispetto alla media dello scorso anno. La preoccupazione è relativa all’impatto sui bilanci dei produttori nei quali il rincaro del costo dei materiali energetici si traduce in un incremento del costo complessivo di produzione di quasi il 50% da inizio 2021. «I tradizionali strumenti utilizzati per il contenimento dei costi - spiegano dalla federazione presieduta da Roberto Callieri - appaiono oggi largamente insufficienti e occorre pensare a un aiuto in tema di compensazione almeno dei costi indiretti della CO2 e all’introduzione dei contratti per differenza che rendano competitivi i combustibili di transizione. La tenuta del settore è seriamente a rischio e alla luce del pacchetto di decarbonizzazione europeo sembrerebbe che i passaggi più difficili debbano ancora venire. Il comparto, infatti, secondo le proposte normative in discussione, è stato escluso dalle misure di tutela per i settori energivori». In pratica, il settore cemento non beneficerà in futuro delle misure a tutela dei settori energivori.

Il rischio è la fuga della produzione all’estero. «Per evitare la delocalizzazione produttiva - chiedono da Federbeton - sarebbe opportuno un approccio più graduale che preveda strumenti di tutela al settore e l’introduzione prima possibile della misura di dazi ambientali sul carbonio (Cbam), prevista dal pacchetto europeo solo nel 2026. La protezione dai flussi di importazione, che fruiscono di un ingiusto vantaggio competitivo, va anticipata per evitare la delocalizzazione produttiva dovuta alla perdita di competitività».

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