Caro-energia, le acciaierie in crisi: meglio fermarsi, che produrre- Corriere.it

2022-09-03 10:26:26 By : Ms. Abby Zhang

Alcuni casi in successione, non può essere più solo un indizio, ma comincia ad essere una prova. L’ultimo esempio in Sicilia. Dopo le chiusure di giugno e luglio si ferma anche per tutto il mese di agosto Acciaierie di Sicilia, lasciando a casa 500 lavoratori tra diretti e indiretti, a causa del caro energia. La società del gruppo Alfa Acciai a Catania produce tondini per cemento armato. Ha dovuto affrontare costi dell’energia dagli 80 euro a megawattora di inizio anno ai 240 euro di fine aprile, sino ai picchi attuali di 550 euro. Il fermo di Acciaierie di Sicilia comporterà, oltre al dramma per i lavoratori fermi, un ulteriore blocco per il settore dell’edilizia, già in forte difficoltà per la mancanza di acciaio.

di Rita Querzé e Andrea Rinaldi

Non solo, altrove si procede alla produzione per fasce serali perché costa meno. Le fabbriche anticipano e allungano le ferie e, in molti casi, concordano qualche altra settimana di cassa integrazione preventiva da «spendere» se alla volta di settembre la situazione non dovesse migliorare. Lo confermano i sindacati metalmeccanici. Da un lato i prezzi dell’energia sono di nuovi ai massimi storici a cui si devono aggiungere i 40 euro aggiuntivi per il capacity market a luglio (il meccanismo di fornitura dell’elettricità aggiuntiva nel momento di picco nel periodo estivo, per evitare i black out). Così in Veneto le Acciaierie Beltrame sono ferme per i mesi di luglio e agosto e riprenderanno a settembre. Le Acciaierie Valbruna hanno già fermato alcuni reparti.

Nel decreto Aiuti bis ci sono 3,373 miliardi di euro per finanziare il credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo di energia elettrica e gas naturale. Una misura ottenuta dopo feroci contrapposizioni tra il Mite e il Mise. Dice Gianclaudio Torlizzi, esperto di commodity, che «l’incidenza del caro energia sul costo di produzione di acciaio è balzata a 350 euro per tonnellata, secondo il mio modello, portando così a zero la marginalità di un impianto a forno elettrico. Prepariamoci a fermate produttive e casse integrazioni a settembre». Un avvertimento che ha il sapore di profezia. Uno dei principali player nel comparto della siderurgia fermerà questa estate gli impianti per 4 settimane. «Più che un crollo prezzi, come la maggior parte degli utilizzatori pensa, si stanno invece creando le condizioni per una stretta in autunno».

I dati diffusi da Federacciai indicano che la bilancia dell’acciaio tricolore si è infatti fermata a 1,87 milioni di tonnellate. Se escludiamo il 2020, per trovare un sesto mese dell’anno peggiore bisogna scorrere le statiche fino a giugno 2009 quando ci si fermò a quota 1,7 milioni di tonnellate. A pesare sui volumi è stata la combinazione di arresto della domanda e alti costi energetici, che hanno ridotto i ritmi produttivi. Nel confronto annuo invece il calo è dell’ordine del 4%, per 12,23 milioni di tonnellate prodotte in sei mesi. Se confrontiamo il dato con il 2020 e il 2019, notiamo che, rispetto al periodo peggiore della pandemia, la produzione resta superiore di un 20,9%, mentre rispetto all’anno pre-Covid paga un -2,5%. Analizzando l’andamento delle due principali tipologie di prodotti siderurgici, invece, notiamo che i lunghi soffrono più della media con un -23,2% e con 1,01 milioni di tonnellate di produzione mensile. Danni più limitati per i piani, che con 788mila tonnellate scontano un -15,1% sul dato del sesto mese del 2021.

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